venerdì 30 novembre 2012

Toscana: Regione, terre demaniali a giovani agricoltori


Toscana: Regione, terre demaniali a giovani agricoltori

20 Novembre 2012 - 12:41

(ASCA) - Firenze, 20 nov - La Regione Toscana mettera' a disposizione dei giovani agricoltori superfici agricole del suo demanio attraverso una vera e propria 'banca della terra'.

Lo ha detto l'assessore regionale all'agricoltura, Gianni Salvadori, aprendo i lavori del Convegno 'Uso versus Consumo del territorio rurale' in corso a Firenze. Vi partecipano il ministro dell'agricoltura, Mario Catania, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, l'assessore regionale all'urbanistica e pianificazione del territorio Anna Marson, Carlo Petrini presidente di Slow food international e Salvatore Settis, accademico dei lincei. Coordina il dibattito Franco De Felice, caporedattore Rai di Firenze.

Secondo uno studio presentato nel corso del convegno sono quasi 360.000 gli ettari di superficie agricola utile abbandonati dal 1982 al 2010 in Toscana. ''I giovani che intendono impiantare nuove aziende agricole - afferma Salvadori - non trovano terre dove sia possibile farlo. E' per questo che la Regione mettera' a loro disposizione quelle di sua proprieta' e ci faremo ricettori di tutte le istanze di coloro che intendono investire in questo settore''.

La proposta e' attualmente all'esame del Consiglio Regionale.

''Dobbiamo chiederci - ha aggiunto l'assessore regionale - come possiamo fare in modo che le imprese agricole ricavino reddito sufficiente per proseguire nella loro attivita'. La Toscana sta gia' facendo il possibile per affrontare questo problema, come testimonia la possibilita' che abbiamo regolamentato di installare impianti fotovoltaici sui terreni agricoli''.

fonte: ASCA

Seminario A Roma "COLTIVA IL TUO FUTURO" In collaborazione con il "Coordinamento Romano per l’Accesso alla Terra”

CGIL Roma e Lazio--------Coop. Agricola Co.Br.Ag.Or.-----
----Coop. Agricoltura Nuova-----------Territorio Roma

In collaborazione con il " "Coordinamento Romano per l’Accesso alla Terra”

Invitano al seminario

“COLTIVA IL TUO FUTURO”
dall’agricoltura di Roma idee per il lavoro dei giovani


Tre incontri per capire le opportunità di una nuova agricoltura urbana, in grado di produrre cibo sano, servizi per i cittadini e lavoro stabile


Primo incontro

1) Roma, 26 novembre 2012, presso cooperativa agricola Co.Br.Ag.Or, via G. Barellai 60

ore 15:00 – visita dell’azienda agricola multifunzionale, incontro con i gestori e con il loro percorso, pratica di raccolta delle olive
ore 16:00 – “L’agricoltura a Roma, realtà attuale e prospettive” – dialogo con Carlo Hausmann, direttore dell’Azienda Romana Mercati
ore 16:30 – “Le proposte per un nuovo piano del lavoro” – dialogo con Tina Balì, segreteria della CGIL Roma e Lazio

Secondo incontro

2) Roma, 3 dicembre 2012, presso cooperativa Agricoltura Nuova, via Valle di Perna

ore 15:00 - visita dell’azienda agricola multifunzionale, incontro con i gestori e con il loro percorso
ore 16:00 – “Le terre pubbliche nel Lazio” – dialogo con Claudio Di Giovannantonio – dirigente dell’ARSIAL
ore 16:30 – “La vertenza sulle terre pubbliche a Roma” – dialogo con Luigi Tamborrino dell’associazione “Territorio Roma”, Giacomo Lepri della soc. Coraggio e Marta Di Pierro della coop. Carlo Pisacane

Terzo incontro

3) Roma, 10 dicembre 2012, presso Parco degli orti urbani, Via del Pergolato

ore 15:00 – visita degli orti e incontro con i gestori dell’Agroclub
ore 16:00 – “Opportunità e finanziamenti per i giovani in agricoltura” – dialogo con Gianfilippo Lucatello (agronomo) e Matteo Salvadori (CIA Lazio)
ore 16:30 – “Diritti e contrattazione per il lavoro in agricoltura” – dialogo con Alessandro Borgioni – FLAI-CGIL Lazio

La partecipazione al seminario è gratuita.

Per iscriversi è necessario inviare una e-mail,
con dati personali e recapito telefonico, all’indirizzo:

agricoltura.coraggio@gmail.com

articolo Manifesto su Terre demaniali


Terre demaniali: Bologna cuore delle campagne nazionali per la loto tutela

Foto di Michele Pelosidi Elisa Castelli
Circa un anno fa veniva approvata la legge di stabilità 2012 (ex legge finanziaria), che norma e definisce, secondo l’art.7, la dismissione dei terreni agricoli demaniali. Quest’articolo, poi rivisto e modificato nell’art.66 del DDL 24 Gennaio 2012, n°1, pone le basi per la vendita di terreni demaniali, con lo scopo di coprire una parte del debito pubblico.
In sintesi l’applicazione di questo decreto è spendibile su tutto il territorio nazionale, laddove i terreni agricoli non siano “utilizzabili per altre finalità istituzionali”, art.66, 1. Rientrano in questa dicitura differenti beni paesaggistici e produttivi, quali le aree protette (per cui “l’agenzia del Demanio acquisisce preventivamente l’assenso alla vendita da parte degli enti gestori delle medesime aree” art.66,6), e le aree che, “su richiesta dei soggetti interessatic, possono essere vendute da comuni, province, regioni, essendo proprietà di queste ultime.
L’estensione di questi territori non è di facile censimento, anche in virtù di precedenti decreti legislativi che ne hanno modificato l’entità, ma secondo la Coldiretti si tratta al momento di circa 338 mila ettari di terreni agricoli coltivabili, per un valore di circa 6,2 miliardi di euro. Sono, inoltre, zone agricole demaniali anche i territori caratterizzati dagli usi civici. Il diritto d’uso civico è vincolato all’utilizzo collettivo e indiviso di un dato patrimonio ambientale, affonda le radici nella storia di produzione agricola e di allevamento locale dei comuni rurali e montani.

La proprietà e la gestione collettiva della terra rimane oggi un diritto virtuale, radicato nella memoria di territori specifici, che numerose realtà in Italia stanno cercando di rivitalizzare. Questi sono i territori che fra solo vent’anni potranno, sempre secondo l’art.66, 8, ricevere una differente destinazione d’uso rispetto quella agricola attuale. Parallelamente al censimento da parte delle amministrazioni locali delle aree vendibili per sottoporle ad asta o a bandi di cessione diretta, sono nati in tutto il territorio nazionale gruppi locali che si occupano della registrazione dei territori demaniali gravati da una storia di uso civico. Lo scopo è quello di avere una considerazione reale dell’estensione di questi terreni, di evitare speculazioni e poter controllare, o bloccare, le vendite.
Le risposte attivate da questo decreto sono molteplici e destinate ad aumentare, visto la cadenza annuale (sempre entro il 30 Giungo) dell’alienazione dei terreni. All’interno di questo dibattito, CampiAperti, associazione bolognese di produttori e consumatori nata da circa una decina d’anni che trova nei settimanali mercati autogestiti del biologico un mezzo di sensibilizzazione importante, ha incentivato riflessioni, sollevato dubbi e proposto alternative, cominciate anzitutto sul territorio di Bologna e confluite in campagne di diffusione con risonanza nazionale.
La campagna “Terra bene comune”, ad esempio, sostiene la necessità di gestione di questi territori, in quanto bene collettivo, da parte delle comunità che vi sono insediate e quindi l’inalienabilità, senza consenso della popolazione tutta, degli stessi. Attraverso il blocco delle vendite e la tutela del patrimonio collettivo si alimentano le potenzialità insite nel ripensamento delle finalità e delle modalità di sfruttamento e di gestione dei territori specifici sulla base delle esigenze delle popolazioni locali.
Con la richiesta di svincolare quelli dalla possibilità di speculazioni, “Terra bene comune” nasce in seno alla più ampia campagna nazionale “Genuino Clandestino”, volta alla difesa dei piccoli produttori agricoli locali e alla denuncia delle norme che li penalizzano, ad incentivare le politiche di filiera corta che garantiscano una relazione diretta tra i produttori e i consumatori, in una relazione vincolata reciprocamente dalla responsabilizzazione riguardo il mercato alimentare e il futuro della produzione agricola sostenibile italiana.
Una terza iniziativa sta nascendo in questi mesi sul territorio comunale, in relazione alle precedenti e si tratta del progetto “Accesso alla Terra”. Per quanto non si occupi esclusivamente della vendita delle terre demaniali, la fondazione con proprietà collettiva che si sta creando, in collaborazione con MAG6 (Mutua Auto Gestione) di Reggio Emilia, vuole connettere la necessità di rivitalizzare le terre agricole abbandonate e il desiderio dei “nuovi contadini” di poter praticare quest’attività. Proponendo di raccogliere i sostegni finanziari di chi desidera partecipare all’iniziativa per l’acquisto di fondi agricoli da ridistribuire agli aspiranti piccoli produttori, il progetto cerca di superare il gap esistente fra l’esistenza di una fascia di popolazione che desidera tornare alla produzione agricola e la difficoltà nel reperire i finanziamenti per poter intraprendere una tale attività.
La catena che lega produttore e consumatore, in questa maniera è vincolata dalla proprietà collettiva e da un “controllo partecipato” che garantisce le modalità di produzione. Contrapponendosi alla politica di privatizzazione dei beni comuni, che rischia di disancorare negativamente la popolazione dalla memoria locale, queste campagne attivano positivamente delle riflessioni a riguardo della relazione tra popolazione, territorio e produzione agricola, diritto alla terra e necessità di presa in carico da parte della popolazione dell’ambiente, della socialità e della responsabilità nella cura che non possono venire delegate. L’approvazione dell’art.66 ha riaperto un dibattito mai sopito sulla gestione di ciò che è pubblico, privato e collettivo, su aree fino ad oggi per lo più tralasciate dall’interesse generale, un dibattito a cui è necessario dare spazio poiché tratta della trasmissibilità del nostro patrimonio sociale e ambientale.
fonte:  Il Manifesto

sabato 24 novembre 2012

La minaccia delle bioenergie è anche al clima


(11.11.12) La commissione europea con una proposta di direttiva del 17 ottobre, pur recependo solo in parte le preoccupazioni di larga parte della comunità scientifica inizia a porre un freno alla bioenergie


La minaccia delle bioenergie

è anche al clima


Gli effetti del cambio di utilizzo delle terre indotti dalla crescita delle
colture bioenergetiche peggiorano il bilancio di gas ad effetto serra


di Michele Corti
Biomasse insostenibili. Ora anche la comunità scientifica e la politica se ne accorgono. È da alcuni anni che una serie nutrita di contributi scientifici hanno messo in evidenza l'effetto ILUC (indirect land use change - modifiche indirette dell'utilizzo dlele terre agricole). Per misurarlo sono stati messi a punto sofisticati modelli sia per l'aspetto economico al fine di prevedere dove e quali e quanti cambiamenti avverranno sia sotto l'aspetto ecologico per capire quali effetti questi cambiamenti indurranno sul bilancio tra emissioni e "cattura" dei GHC (i gas causa di effetto serra): CO2, N2O e CH4. Il raggiungimento dell'obiettivo del 10% di carburanti "verdi" (sic) nel 2020 comporta in Europa il cambio di uso di 17,5 milioni di ha (EU, 2007). Una superficie molto più estesa di qualla agricola utilizzata italiana (12 milioni di ha). Questa superficie, nell'ordine di 4-7 milioni di ha sarà reperita in parte all'estero (attraverso l'importazione di oli da Sudamerica e Asia)(Bowyer, 2010), in parte utilizzando superfici incolte, in parte sostituendo coltivazioni ora dedicate alla produzione di alimenti per l'uomo e gli animali domestici. La sicurezza con la quale gli eurocrati giudicano possibile abbandonare milioni di ettari in Europa alla produzione di cibo si basa sulle ottimistiche previsioni neoliberiste di un mercato mondiale sempre più competitivo che continuerà a garantire alimenti a basso costo.
Tale ottimismo si scontra con la molto probabile crescita dei problemi di sicurezza degli approvvigionamenti internazionali in un mercato condizionato dalla crescita in tutti i continenti delle stesse bioenergie, dagli effetti dei cambiamenti climatici e dalla crescita dei consumi umani (non solo diretti, ma soprattutto, indiretti indotti dalla crescita dei consumi di carne e prodotti di origine animale nei popolosi paesi "emergenti"). Con un atteggiamento più prudente nei confronti del mantenimento di un grado più elevato di autoapprovvigionamento l'Europa dovrà "pompare" molto di più dall'estero i suoi biocarburanti determinando effetti ancora più vasti in Brasile, India, estremo oriente dove sono a rischio foreste e savane che non sono solo un "sink", un magazzino dove accumulare CO2 e impedire che la concentrazione atmosferica salga all'inverosimile ma anche un grande deposito di biodiversità. La corsa alle bioenergie che viene giustificata in forza del protocollo di Kyoto va a scontrarsi non solo con lo stesso protocollo (che mira a ridurre l'aumento dei gas climalteranti in atmosfera) ma anche con la Convenzione sulla biodiversità siglata dala Ue e dagli stati membri. I politici pressati dalla potentissima lobby industriale e finanziaria delle agroenergie tendono spesso a dimenticare queste gerarchie del diritto. Forse perché la vita (la diversità non è un lusso ma una condizione di esistenza, cosa da non dimenticare mai) è un interesse mal rappresentato (mentre i mercanti di morte, quelli che per l'avidità con i loro profitti si rappresentano sin troppo bene).
PRIMA
Rimanendo sul tema dell'effetto ecologico va innanzitutto notato che ogni trasformazione di superfici con vegetazione permanente (foreste, savane, brughiere, ma anche pascoli e prati stabili coltivati) ha effetti molto negativi sul bilancio dei gas serra che si ripercuotono per anni. Nel caso delle bioenergie molto spesso non siamo in presenza di un effetto diretto del cambiamento (è il caso dove si continua a produrre mais non più per il bestiame ma per i biodigestori) ma di effetti indiretti. Quel mais che prima era prodotto per alimentare il bestiame deve essere sostituito da altri alimenti che proverranno spesso da lontani paesi. A Cremona la superficie è già quasi tutta occupata dalla monocoltura maidicola. Se si trasformano i pochi prati rimasti in arativo si avrebbe un effetto diretto molto negativo del cambiamento: le macchine agricole, le pompe di irrigazione emettono CO2, la grande quantità di concimi azotati "divorata" dal mais si traduce in notevoli perdite di N20 in atmosfera. Non solo ma con le arature e le lavorazioni in genere (e lasciando il terreno nudo per lunghi periodi) si mineralizza la sostanza organica accumulata nel terreno del terreno (per l'azione e la presenza di batteri, funghi, insetti, vermi e delle radici delle piante, molto più sviluppate nel caso di piante foraggere da prato che non la stessa parte aerea).
Un effetto domino che fa male al clima
Mineralizzare la sostanza organica significa smobilizzare un deposito di C e aumentare le emissioni di CO2 nell'atmosfera. Questo è un esempio di cambiamento diretto ma sono i cambiamenti indiretti che pesano di più. Per alimentare le vacche cremonesi rimaste senza l'insilato - che viene "dirottato" ai digestori - nella stragrande maggioranza dei casi si ricorre all'aumento dell'uso di alimenti provenienti dall'estero. Se manca l'energia nella dieta delle vacche bisognerà rimpiazzarla con cereali, prima di tutto mais. Il margine di aumento delle importazioni comunitarie è limitato, potrebbe aumentare la quota di importazione dagli Usa dove il mais si sostituisce alla soia. Meno soia negli Usa più soia in Brasile. In Brasile la soia sostituisce i pascoli e i pascoli a loro volta la savana. Una catena complessa ma inesorabile che comporta una serie di trasformazioni che peggiorano il bilancio dei gas serra (senza contare la biodiversità). I cambiamenti indiretti dell'uso delle terre (ILUC) contano per il  66–89% delle emissioni totali di GHG legate all'effetto di cambiamento dell'uso delle terre per le bioenergie (WBGU, 2008).
Quelle che erano "sink" (pozzi, depositi) di CO2 diventano delle fonti di emissione netta in atmosfera (Fargione et al., 2008; Searchinger et al., 2008). Tanto più le trasformazioni avvengono a spese di ecosistemi o agroecosistemi con uno stock elevato di carbonio, tanto più è forte il bilancio negativo della CO2 (Palm et al., 1999; Don et al., 2011). Sono strasformazioni che si ripercuotono per decenni sull'atmosfera terrestre mandando.... in fumo il protocollo di Kioto e i suoi buoni propositi.
Tabella - Schema dei rischi associati con l'ILUC
RischioClassificazionePopolazione/gruppo a rischio
Emissioni di GHC e ridotto sequesto di carbonioAmbientaleL'intera popolazione globale
Perdita di biodiversitàAmbientalePiante e animali vulnerabili nelle aree interessate dall'ILUC; dipendenza della popolazione da servizi ambientali in precedenza garantiti dai sistemi ecologici eliminati dall'ILUC
Insicurezza alimentareSocio-economicoPopolazioni residenti in località dove la produzione alimentare declina in conseguenza dall'ILUC
Violazione di diritti di proprietà delle terreSocio-economicoPopolazioni i cui diritti di proprietà non sono stabiliti in modo ben defnito e che non hanno le risorse per tutelarli
Degrado ed esaurrimento di risorse idriche e di suoloSocio-economico e ambientale
Ecosistmi che dipendono da una larga disponibiliutà di acque pulitre. Popolazioni umane che dipendon da risorse idriche già scarse o suscettibili alla contaminazione
fonte: J. Palmer (2012) Risk governance in an age of wicked problems: lesson from the European approach to indirect land use change Journal of Risk Research, 15 (5) 495-513.
L'inganno dei "residui"
Di recente, con la crescente evidenza degli effetti negativi delle bioenergie gli scienziati e gli stessi organi politici si stanno orientando ad una moratoria dell'oso di biomasse agroforestali "vergini", coltivate appositamente o prelevate dalle foreste per concentrarsi sull'uso dei residui. Confondere rifiuti urbani, residui colturali, scarti dell'industria alimentari in un'unica categoria è altamente fuorviante e pericoloso. Usare la paglia e i reflui zootecnici per la produzione di biogas comporta la mancata restituzione di C al terreno rapperesenta una politica irresponsabile. L'orizzonte temporale dell'agrispeculazione è di 15 anni (la durata delle tariffe onnicomprensive assicurate) ma una società responsabile deve guardare in là, alle condizioni fertilità del terreno tra 20-30 e più anni. In Italia i terreni agricoli sono già oggi poveri di sostanza organica. Un fatto legato alle caratteristiche dei terreni e al clima (nettamente più caldo dell'Europa centrale) ma anche a pratiche di intense e prodonde lavorazioni del terreno. La concentrazione delle attività zootecniche specializzate in poche zone vocate ha privato molti sistemi agricoli di apporti di ferlilizzanti organici mentre nelle stesse aree di produzione la redistribuzione è molto inefficace perché il raggio di trasporto dei liquami è (lo dicono l'economia ma anche le normative) di pochi km. Così non solo nell'Italia più mediterranea (Puglia, Sicilia) ma anche nella pianura padana stipata di suini, vitelloni, vacche da latte vi sono suoli agricoli fortemente carenti di sostanza organica, di C (meno dell'1% che è un livello a rischio desertificazione).
Un nuovo "business"?
Con la nuova Pac vi saranno incentivi per l'adozione di tecniche, macchine, metodi atti a migliorare la sostanza organica nel terreno. Una scelta che rispecchia una reale preoccupazione per garantire un minimo di sostenibilità (al di là dei mantra) all'agricoltura europea. Poca sostanza organica significa suscettibilità all'erosione, necessità di maggior uso di concimi chimici (che richiedono molta energia per la loro sintesi), di pesticidi, di acqua di irrigazione (il terreno povero di sostanza organica trattiene ben poco l'acqua). Per tornare ad innalzare la sostanza organica sarà non solo necessario ridurre le lavorazioni profonde ma anche apportare al terreno residui colturali e ammendanti. Peccato che questi ultimi siano sempre più accaparrati dagli impianti di produzione delle bioenergie (biogas e combustione). Un bel dilemma: alimentare il suolo o le centrali?  Un dilemma che dovrebbe far riflettere chi in cattiva o buona fede continua a parlare di "scarti" del sistema alimentare come rifiuti da eliminare, come qualcosa che vale meno di zero e che può essere bruciato (direttamente o tramite conversione in biogas) senza controindicazioni.
Il rifiuto non deve esistere
Non è così! Il "rifiuto" non esiste, se è stato creato dal ciclo economico industriale è la spia di uno squilibrio, di una mancata chiusura dei cicli degli elementi nutritici. La materia deve essere riciclata come tale se vogliamo sfruttare al meglio l'energia ed evitare gli inconvenienti delle combustioni (perdita di calore in atmosfera ma anche effetti molto indesiderati come le emissioni nocive: polveri sottili ecc.). Lo squilibrio è stato creato anche nel cuore del sistema agricolo e zootecnico. Le stalle, le porcilaie sono "pompate" di alimenti non prodotti nell'azienda e nemmeno nel comprensorio ma importati spesso da oltre oceano per spingere al massimo la produzione anche disponendo di poca terra. Tutti questi nutrienti che transitano dal sistema digerente e dal metabolismo animale finiscono per creare una quantità di "reflui" (azoto, ma anche fosforo e potassio) in grande surplus rispetto alla capacità dei terreni aziendali si utilizzarli. Così si pensa di bruciare la sostanza organica e di eliminare l'azoto con i depuratori (che consumano una bella fetta dell'energia prodotta sotto forma di biogas). La perdita di fertilità e di buone caratteristiche chimico-fisiche del terreno verrebbe compensata da forti concimazioni con i digestati (che hanno caratteristiche di concimi quasi chimici). Ma questo potrà funzionare sino a un certo punto. Poi l'isterilimento dei terreni. Da questo punto di vista le centrali non sono mai troppo piccole. Anche centrali da 100 o 50 kW contribuiscono a questo disastro annunciato.
Stop a tutte le biomasse?
Gli elementi scientifici di cui disponiamo inducono a rienere che le trasformazioni dell'uso delle terre indotte dalla estensione delle colture energetiche siano negative per il bilancio dei GHG. Ad alcune condizioni questo può essere mitigato se si evita di trasformare foreste, savane, pascoli (efficienti "pozzi" di CO2) in arativi e se si punta su colture da biomasse che richiedono poche lavorazioni e trasporti (causa di emissioni di CO2), pochi concimi chimici (causa di perdite di N2O in atmosfera)La strada oltre ad essere quella dell'utilizzo di quei (pochi) veri "scarti" che non possono essere utilizzati per compostaggio, restituzione colturale, ammendo del terreno è quella dell'utilizzo di biomasse da coltivazioni permanenti attuate dove non "rubano il pane di bocca" a nessuno ovvero su terreni marginali, poco fertili senza una copertura forestale assestata. Pensiamo ai terreni abbandonati che si trovano in condizioni di transizione dinamica verso forme stabili. In Italia ve ne sono una marea. Ecco allora che la ratio degli incentivi avrebbe un senso: non assicurare superprofitti o rendite che di dir si voglia ai pescecani della speculazione (grossi gruppi economici con forte accreditamento presso la politica e padroni dei media) ma consentire di ottenere un profitto confrontabile con quello di altre attivitàagricole a chi si impegna a coltivare con colture perenni da biomassa a forte efficienza le colline abbandonate, i terreni marginali.
Tenere conto della qualità dell'aria, incentivare solo soluzioni realmente sostitutive di fonti fossili, farsi una ragione che le biomasse sono una soluzione parzialissima
Dove questo è compatibile con la qualità dell'aria beninteso, evitando ulteriori combustioni nella pianura padana e nelle altre zone con limiti di polveri sottili fuorilegge ed incentivando quelle soluzioni tecnologiche che l'industria e i finanziatori non attiveranno mai se è possibile lucrare senza fatica superincentivi bruciando, ovvero la purificazione del biogas e lasua immissione nella rete od uso per autotrazione. Questi usi essendo chiaramente sostitutivi e non sommandosi ad una produzione di energia elettrica in esubero avrebbero. Come si vede ci sono le condizioni per delle biomasse energetiche sostenibili ma sono molto ben circoscritte. Inoltre le biomasse in tutte le stime più ottimistiche anche se dilagano non risolveranno mai più del 10% del fabbisogno energetico europeo. Vale la pena di creare tutti questi disastri o è meglio pensare al risparmio energetico, all'efficienza energetica e a fonti veramente rinnovabili come l'olico delle alte quote, al solare termico, alle nuove frontiere del fotovoltaico (senza incubo smaltimenti come per le tecnologie che ci hanno rifilato sino ad oggi).
Bibliografia
Bowyer C. (2010) Anticipated Indirect Land Use Change Associated with Expanded Use of Biofuels and Bioliquids in the EU – An Analysis of the National Renewable Energy Action Plans, p. 24. Institute for European Environmental Policy IEEP, London.
Don A., Schumacher J., Freibauer A. (2011) Impact of tropical land-use change on soil organic carbon stocks – a meta-analysis. Global Change Biology, 17, 1658–1670.
EU (2007) The Impact of a Minimum 10% Obligation for Biofuel Use in the EU-27 in 2020on Agricultural Markets, Vol. AGRI G-2/WM D, p. 10. European Commission, Brussels.
Fargione J., Hill J., Tilman D., Polasky S., Hawthorne P. (2008) Land clearing and thebiofuel carbon debt. Science, 319, 1235–1238.
Palm C.A., Woomer P.L., Alegre J et al. (1999) Carbon Sequestration and Trace as Emissions in Slash-and-Burn and Alternative Land Uses in the Humid Tropics. (ed GROUPACCW), Nairobi, Kenya.
Palmer J. (2012) Risk governance in an age of wicked  problems: lesson from the European approach to indirect land use change Journal of Risk Research, 15 (5) 495-513.
Searchinger T, Heimlich R, Houghton RA et al. (2008) Use of US croplands for biofuels increases greenhouse gases through emissions from land-use change. Science, 319, 1238–1240.
WBGU (2008) Future Bioenergy and Sustainable Land Use. ed (WBGU) GACoGC. Earthscan, London.


Alcuni documenti significativi emersi dal dibattito in corso.
  • Raccomandazioni dell'accademia scientifica tedesca Leopoldina sull'uso delle biomasse a fini energetici (2012) mia traduzione in italiano della sintesi originale in inglese, nel documento c'è il link al rapporto originale esteso con blibliografia (PDF)
  • Parere della commissione scientifica dell'Accademia europea per l'ambiente sulla valutazione delle bioenergie ai fini della contabilità dei contributi all'effetto serra (SC Opinion on GHG in relation to bioneregy) (2012) (PDF)
  • Öko-Institut (2012) Sustainability Standards for internationally traded Biomass The “iLUC Factor” as a Means to Hedge Risks of GHG Emissions from Indirect Land Use Change - Working Paper  Uwe R. Fritsche with contributions from Klaus Hennenberg and Katja Hünecke, Energy & Climate Division, Öko-Institut, Darmstadt Office- (PDF)
  • Globale landflächen und biomasse nachhaltig und ressourcenschonend nutzen , Almut Jering, Anne Klatt, Jan Seven, Knut Ehlers, Jens Günther, Andreas Ostermeier, Lars Mönch, (2012) Umweltbundesamt [Agenzia federale per l'ambiente],  Dessau-Roßlau, De. (PDF)Comunicato stampa in inglese (link) versione ridotta (link) traduzione italiano a cura di Enrico Zecchini (PDF)
  • Commissione Europea ha deciso di affrontare il problema e il 17 ottobre è stata pubblicata una proposta di Direttiva (link) comunicato stampa (link)
fonte: Ruralpini

venerdì 2 novembre 2012

La nuova agricoltura ecologica nell'economia solidale 10-11 nov Senigallia


La nuova agricoltura ecologica nell'economia solidale
10-11 Novembre 2012   -   Senigallia

agli interessati è vivamente consigliato di iscriversi a questo link per darci un'idea delle presenze e per prenotare i pasti bio (solo dietro prenotazione).  Informazioni utili in fondo.

Lo scopo principale del Convegno è di promuovere e favorire l'incontro e il collegamento in rete fra tutto l'ampio movimento associativo e produttivo dell'Agricoltura ecologica, di vecchia e nuova costituzione, e fra questo e il recente ma dinamico mondo dell'Economia solidale: RES, DES, GAS, produttori e associazioni di vari settori
La finalità comune è quella della trasformazione positiva del sistema economico e sociale nel quale viviamo per la costruzione dal basso di un nuovo sistema economico, basato sulle buone relazioni e sulla collaborazione e solidarietà, invece che sulla conflittualità, e orientato al rispetto dei principi di ecologia, sobrietà, giustizia sociale, responsabilità, valorizzazione di tutte le risorse umane, benvivere diffuso, nel rispetto dei criteri di centralità della persona e del rapporto con il territorio e la comunità territoriale, anche attraverso la promozione dei DES Distretti di Economia solidale.

Scopo del Convegno  - e strumento per avvicinare i due movimenti - è anche di trattare insieme, in modo propositivo e concreto, temi di attualità, relativi al settore dell'Agricoltura ecologica, per realizzare passi avanti effettivi.

PROGRAMMA

Sabato 10 novembre 2012

Verso una nuova civiltà contadina, ecologica e solidale

Esperienze e progetti

15.00
Modera Silvia Mariottti di Action Aid e REES Marche

Apertura del Convegno e Saluto di REES Marche
Katya Mastantuono - Co-presidente REES Marche

Saluto del Comune di Senigallia
Maurizio Mangialardi - Sindaco di Senigallia

Quadro introduttivo sui temi della giornata
Loris Asoli - REES Marche

15.30
Contadini per scelta: presentazione del libro di interviste fatte a protagonisti dell'Agricoltura ecologica italiana e presentazione delle loro esperienze
Giuseppe Canale, coautore del libro

16.00
Manifesto della neoruralità: l'attività primaria di rigenerazione del territorio
Giorgio Ferraresi
Consiglio direttivo Società dei territorialisti www.societadeiterritorialisti.it

16.30
Proposta di legge regionale a sostegno dell'Agricoltura contadina. Illustrazione del testo e dei suoi principi.
Roberto Brioschi - Vicepresidente Civiltà contadina

17.00
Pausa
17.30
Esperienze per la salvaguardia delle sementi
Paolo Baffari - DES Filatoio provincia Potenza

18.00
Agricoltura ecologica ed OGM. Diritti dei cittadini e doveri delle istituzioni
Giuseppe Altieri
Agroecologo e docente all'Ist. Sup. Istruzione agraria di Todi

18.30
Dibattito sui temi delle 5 relazioni e sintesi delle proposte emerse.

20.00
Cena bio a catering, a pagamento (12-15 euro) solo su prenotazione (entro il 7
novembre)

Proiezione DVD "L'altra faccia dell'arancia", documentario antropologico
realizzato da Federico De Musso durante la passata stagione degli Sbarchi in
piazza.
Accompagnamento ai luoghi di alloggio (per chi è alloggiato fuori città e non ha l'auto)

Domenica 11 novembre 2012 - mattino -

Agricoltura ecologica e Economia solidale: verso una nuova consapevolezza e organizzazione

09.00
Modera Cristiana Rubbio di PuntoDock e REES Marche

Quadro introduttivo sulla mattinata.
Davide Biolghini
Temi comuni e possibili connessioni: dai recenti convegni di Genuino clandestino, Urgenci, Siqillyah
Davide Biolghini - Forum Cooperazione e tecnologia
09.30
L'agricoltura come fonte di nuovi impulsi e di nuovi modelli sociali ed economici
Lucy Milenkovic
Laureata in scienze agrarie, co-conduttrice della propria azienda agricola “ Fattoria Jabuka”, esperta in biodinamica e certificazione Demeter.

10.00
Il marchio Agri Ecosol per identificare l'agricoltura ecologica e solidale e per un sistema partecipativo di garanzia
Loris Asoli - Cooperativa agrobiologica La Terra e il Cielo e REES Marche

10.30
I DES e i Sistemi Partecipativi di Garanzia: l'esperienza del progetto "Per una pedagogia della terra"
Giuseppe Vergani - DES Brianza

11.00
Pausa
11.30
L'agroecologia, l'economia civile e il Sud. Doppia opportunità per l'inversione di rotta
Gennaro Ferrillo di Corto Circuito Flegreo (di RES Sud)
12.00
Gli Sbarchi in piazza, per allargare e approfondire il mondo dell'Economia solidale.
Roberto Li Calzi RES SUD
12.30
Dibattito sui temi delle relazioni e sintesi delle proposte emerse

13.30
Pranzo bio a catering a pagamento (12-15 euro) solo su prenotazione (entro il 7
novembre)

Domenica 11 novembre 2012 - primo pomeriggio -

Organizziamoci bene per essere più efficaci


14.30
Modera Virginia Meo Laboratorio Beth (RES Puglia)

Definizione di programmi, composizione e incarichi dei Tavoli di lavoro vecchi (scaturiti dai precedenti incontri) e nuovi (scaturiti dalla proposte condivise dei convegnisti)
Verifica delle iniziative territoriali sui tre temi su cui si è già lavorato prima del convegno (accesso alla terra, partenariati produttori-fruitori, sistemi partecipativi dei garanzia)

Scelta dei nuovi facilitatori del Gruppo Nuova Agricoltura e dei sotto-tavoli
17.00
Chiusura incontro e saluti

ISCRIZIONI
Iscrizioni-prenotazioni on line, cliccando qui
Per aiutarci nell'organizzazione, sia per l'aspetto dei pasti che per tutti gli altri aspetti organizzativi, vi chiediamo di iscrivervi possibilmente entro mercoledì 7 Novembre 2012.  I pasti sono solo su prenotazione.  Grazie.
CHIAMATE COLLABORATIVE
Nello spirito della partecipazione collaborativa in rete:
Chiamata per offerta alloggio    (solo per i locali)

INFORMAZIONI UTILI
La sala del convegno è a 200 metri dalla stazione ferroviaria; la sala del catering è a 50
metri dalla sala del Convegno, sulla stessa piazza.
Informazioni logistiche:
logistica-convegno-nuova-agricoltura@reesmarche.org  333.2544749 (Alberta Cardinali)

Organizzazione generale:
convegno-nuova-agricoltura@reesmarche.org  071.698621  (coordinatore Loris Asoli)