Comunità di villaggio e usi civici
La terra alle comunità, prima di ogni mercato
In
seguito all’articolo di Vandana Shiva “Proprietà comune e comunità”-L’Ecologist
italiano n.2,scriviamo: L’autogoverno delle comunità locali
e di villaggio è il fondamento di una democrazia della terra..
Sull’autogoverno
delle comunità si fondano l’autodeterminazione locale, l’agricoltura
sostenibile, il pluralismo democratico. Nella costituzione di nuove
istituzioni, l’assemblea del villaggio sarà al di sopra di tutto. L’autodeterminazione
delle comunità significa esercitare il controllo e la gestione dei beni e dei
luoghi comuni : materiali, economici, intellettuali e genetici. Lo stato
dovrebbe avere la funzione di proteggerli.
La
democrazia fondata sulle comunità locali riconosce spontaneamente la
biodiversità come risorsa sovrana e chiede ai governi di riconoscere, tutelare
e promuovere i diritti di proprietà comune e le conoscenze locali per la
salvaguardia e l’incremento della biodiversità. La biodiversità sopravvive attraverso
il sostegno delle comunità che se ne servono.”Poichè le comunità hanno prodotto
e continuamente migliorato tradizioni di protezione e conservazione
sostenibile,usando con equità queste risorse,sono nella migliore condizione per
proteggerle e gestirle.”
Il
mutuo appoggio qualifica le comunità.Il bisogno di rivitalizzazione e il riconoscimento
legale delle comunità sono strumenti necessari per proteggere le persone. Al
contrario le leggi costitutive del capitalismo finanziario hanno ridotto i
diritti consuetudinari con i quali era protetta la sussistenza delle persone e
delle comunità. La personalità giuridica delle comunità è necessaria per dare
concretezza al consiglio del villaggio che a sua volta dovrà basarsi
sull’assemblea della comunità come assise principale per la formazione delle
decisioni consensuali. Questa identità legale dovrebbe tener conto che i
villaggi, i quartieri, in quanto comunità, sono dinamici ed hanno una grande
variabilità.
Diverse
e differenziate esperienze, in Italia, stanno maturando progettualità
collettive e pratiche comuni sull’ accesso alla terra, la riappropriazione dei
beni e dei luoghi comuni, la costituzione di nuove demanialità civiche, di
comunanze, considerando la pratica degli “usi civici”come costruzione di diritti/responsabilità
e per questo inalienabili e imprescrittibili.
Le terre gravate da uso civico in Italia oggi sono circa 3
milioni di ettari, 10% del territorio nazionale.
La
non menzione nella costituzione italiana degli usi civici ha cassato e impedito
lo sviluppo di una terza forma di propietà, differente da quella pubblica e
privata.Base su cui sono cresciute molte delle popolazioni di contadini di
montagna che hanno permesso la resistenza dei partigiani.In mancanza di
comunità e di associazione degli abitanti le terre vengono gestite dai
comuni,spesso compiendo abusi.Cosi’si può capire le resistenze di molti comuni
nell’attuare i censimenti delle terre e degli usi civici.Il concetto dei
diritti esercitati collettivamente è estraneo alla giurisprudenza moderna che
considera l’impresa come soggetto individuale con diritti molto simili a quelli
dell’individuo nella società.Dal dopoguerra a oggi, assumere l’identità
d’impresa presuppone sposare determinati valori legati al paradigma capitalista
dello sviluppo: cioè i valori della massimizzazione del profitto, della
competitività del mercato, dell’ottimizzazione dell’efficienza produttiva in
funzione dell’interesse economico privato e della rendita. Le caratteristiche
dell’impresa come la specializzazione dei ruoli, l’assenza di consultazioni
allargate, la delega diseguale di potere e controllo, la gestione gerarchica,
l’iniqua distribuzione delle risorse oltre all’inquinamento e il depauperamento
provocato dai processi produttivi che non possono tener conto dell’esigenze del
pianeta perché asserviti alle logiche economiche, rappresentano l’antitesi
delle comunità. Ritornare a far valere
la legislazione per la rivitalizzazione degli usi civici e delle comunità
locali è la sola via d’uscita per il recupero e la conservazione sociale e
ambientale del territorio. La collettività stessa è la persona. Questo
diritto già sancito nel codice degli usi civici è stato volutamente ignorato ma deve essere
ripristinato e rispettato. Serve a garantire un ordine sociale inseparabile
dalla cultura e dalle consuetudini del nostro Popolo, che hanno nell’etica e
nelle regole condivise la coscienza e la responsabilità di preservare la Terra
per le generazioni future.
Per
rafforzare le possibilità di r/esistenza alla crisi economica e finanziaria
riteniamo fondamentale, aumentare le possibilità di acceso alle terre demaniali
e abbandonate attraverso: la formazione di nuovi usi civici, progetti di
promozione sociale-ambientale, costruzione dell’autosufficienza con la
sovranità alimentare e territoriale. Per fare questo va costruito una sorta di
“coordinamento” della terra con una
nuova etica della responsabilità.
Su questo chiediamo l’apertura di un dibattito e stiamo lavorando a un
incontro con Vandana Shiva e le realtà che in questi anni hanno operato sulla
terra, per domenica 30 maggio a Terra Futura a Firenze
“Popolo elfico”della valle dei burroni nell’appennino pistoiese
alcune soggettività interessate al rafforzamento della ruralità
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