Gli Usi Civici non si possono vendere!!!

GLI USI CIVICI NON SI POSSONO VENDERE!!!!

Il decreto Salva Italia vorrebbe svendere anche le terre collettive,
autorizzando i comuni a cedere i beni di uso civico. Ma la proprietà
collettiva è per sua natura invendibile. L'appello nazionale della
Consulta Nazionale
Riportiamo e diffondiamo per esteso i contenuti del documento elaborato
dal Direttivo della Consulta Nazionale della Proprietà collettiva,
riunitosi a Roma lo scorso 25 febbraio, che ha lanciato un accorato
appello teso in difesa delle proprietà collettive.

Si vuole evitare in ogni modo che le terre collettive vengano vendute e
svendute, come sta purtroppo avvenendo in alcuni contesti territoriali,
dai Comuni che ne detengono l’amministrazione attraverso una riduttiva
ed illegittima interpretazione dell’art.66 del decreto Salva Italia, che
autorizza i Comuni a vendere i beni agricoli ed a vocazione agricola di
loro proprietà. Tra questi non possono rientrare, come invece in alcuni
casi sta avvenendo, i beni soggetti ad uso civico che sono e continuano
ad essere INALIENABILI, INUSUCAPIBILI, IMPRESCRITTIBILI ed IMMUTABILI
nella loro destinazione agrosilvopastorale.
Queste vendite dal punto di vista giuridico si configurano come reati,
nei cui confronti l’Autorità Giudiziaria verrà chiamata ad intervenire
per accertare le responsabilità dei singoli.
Da parte nostra ci preme anche sottolineare come non si tratti del
salvataggio di un relitto storico, ma del rilancio di un istituto vivo,
attuale ed utilizzabile anche per nuove esigenze che la nostra società
sta esprimendo in questo momento di crisi.
Non si tratta di un patrimonio di scarso e residuale valore, se l’Istat
ha recentemente censito una realtà molto diffusa e variegata delle
realtà collettive sul territorio nazionale estesa per più di 1.103.000
ettari di terreno (il 4,4% della SAU e l’8,85% della SAT in Italia).
Svendere gli usi civici e le proprietà collettive, nell’attuale fase di
sviluppo delle aree rurali, e della montagna in particolare, le cui
strategie fanno affidamento essenzialmente nel modello di sviluppo
locale e in quello di sviluppo sostenibile, vuole dire impoverire più di
quanto non si creda il nostro Paese. Alla proprietà collettiva va
riconosciuta infatti la capacità di fare propri anche gli stimoli
provenienti dall’esterno della comunità locale a favore della comunità
stessa, di trattenerne in loco gli effetti moltiplicativi, di far
nascere indotti nella manifattura familiare, artigianale, nella filiera
dell’energia delle risorse rinnovabili e nel settore dei servizi.
L’esperienza e le ricerche dimostrano che dove la proprietà collettiva è
presente ed opera si riscontra più che altrove il mantenimento delle
popolazioni a presidio del territorio (pubblico, collettivo, privato),
l’integrazione fra patrimonio civico e famiglie residenti,
l’integrazione tra patrimonio civico e imprese locali, la manutenzione
del territorio e la conservazione attiva dell’ambiente, la garanzia di
un marchio ambientale, la coesione della popolazione e la creazione di
comportamenti cooperativi in campo economico, sociale, ambientale.
Proprio oggi quindi la valorizzazione del patrimonio collettivo avrebbe
effetti benefici sulla tenuta e sulla ripartenza del nostro sistema
economico tanto segnato dalla crisi in atto a costo zero per le
pubbliche istituzioni e per la popolazione.
Ci si rivolge al Governo, affinché anche nei decreti che il Ministro
delle Politiche agricole, alimentari e forestali dovrà emettere ai sensi
dell’art.66 del decreto Salva Italia, venga esplicitamente esclusa
l’applicabilità di quelle norme alle proprietà collettive ed agli usi
civici anche se detenute dalle amministrazioni comunali.
Ci si rivolge al Presidente della Repubblica ed alla Corte
Costituzionale, affinché vigili nel rispetto della legge alla luce dei
precetti costituzionali posti a tutela delle proprietà collettive.
Ci si rivolge alle Regioni, che mantengono la competenza amministrativa
sul tema, affinché vigilino sulla corretta applicazione delle norme a
presidio della proprietà collettiva e degli usi civici.
Ci si rivolge all’Anci, affinché metta al riparo i propri associati da
violazioni di legge che comportano responsabilità penali ed
amministrative anche gravi.
Ci si rivolge ai Sindaci ed agli amministratori Comunali, affinché
tutelino la proprietà collettiva sul proprio territorio ritenendolo un
bene che è e deve rimanere di una collettività, nella certezza che
questa sia una risorsa di sviluppo non solo per l’immediato ma anche per
le generazioni future.
Ci si rivolge infine alle Comunità frazionali, perché rivendico e si
riapprioprino, secondo quanto prevede la legge, dei beni che spettano
loro come comunità e che non possono essere assoggettati a vendita ed a
destinazioni diverse da quelle che la stessa comunità ha deciso e
deciderà di dare.
Proprio l’attività della comunità può mettere in guardia le
amministrazioni e denunciare gli atti illegittimi già commessi, oltre
che rendere tutti consapevoli che le proprietà collettive e gli usi
civici sono una risorsa per tutti gli aventi diritto che non può essere
venduta a pena di rimanere tutti più poveri, oggi e per il futuro. Ciò
deve essere fatto in accordo con le amministrazioni comunali, con il
mondo agricolo e con la società civile, nella consapevolezza che dove
queste proprietà vengono correttamente gestite, ne trae beneficio un
intero territorio inteso come collettività ma anche come sistema
economico e sociale.



http://www.usicivici.unitn.it/consulta/home.html